lunedì 6 febbraio 2012

Una tavola imbandita.....osservazioni durante una lezione di prova di Tai Chi



Una tavola imbandita, carica di tante specialità, una bellezza per gli occhi, ci arrivano gli odori, riconosciamo un sentore di spezie, un profumo fruttato, una nota agre.
Sulla tavola piatti sconosciuti, preparazioni esotiche, non  valutabili a prima vista.,L’odore porta grandi promesse, ma la non-conoscenza può rivelarsi un fattore limitante, non per tutti ovviamente, siamo tutti diversi.
In questi casi qualcuno tenta, assaggia, altri si buttano mangiano a piene mani, godono di quello che c’è nei piatti, sono soddisfatti del momento, della nuova esperienza e non si chiedono altro.
Altri ancora sono frenati da questa novità, davanti a cose sconosciute avrebbero bisogno di più tempo per poterle apprezzare, magari di maggiori spiegazioni su quanto è contenuto nei piatti, ma non avendo altro che la possibilità di annusare e vedere, preferiscono declinare l’invito e rimanere a guardare la tavola imbandita.
Chi è appassionato di queste cose spizzica un po’ di tutto, vorrebbe principalmente la ricetta, ma come sappiamo anche troppo bene, la ricetta è la cosa più difficile da ottenere da un cuoco ed anche in questo caso non ci è data.

Paolo

10 commenti:

  1. Sono figlia del mondo, ho parenti di differenti origini. Ho sempre avuto modi di apprezzare il nuovo, anche in cucina e ti dirò non ho mai avuto problemi nel voler provare gusti differenti. Anzi... le novità mi attraggono (non chiedermi però di assaporare animali simili a cavallette o vermiciattoli al vapore :o))

    MI sembra una bella esperienza la vostra e chi ancora ha avuto remore nel provare il "nuovo".... avrà tempo, se ci sarà la volontà, di imparare. Anche nella vita è così.

    Un caro saluto.
    Joh

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    1. Il fatto di apprezzare il "diverso" è spesso una questione culturale o di abitudine, altre volte nasce pian piano quasi come un'esigenza dovuta ad un percorso, queste sono aperture che producono sempre un'evoluzione personale.
      Spesso invece si innescano molti freni al nuovo, al cambiamento, quasi sempre per paura, in questo caso si favoriscono dei blocchi che frenano la possibilità di cambiare e quindi, di conseguenza, si frena la personale evoluzione.

      Anche a me piace assaggiare di tutto, soprattutto le cose sconosciute..... direi che però per vermetti, cavallette ed affini non c'è fretta, diamoci tutto il tempo :)

      Un saggio diceva che abbiamo ribrezzo solo di quello che di solito non mangiamo, se fossimo nati in qualche villaggio sperso nella savana, anche un bel vermetto ci apparirebbe bellissimo, una vera leccornia. :)

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  2. Gli esempi che fai sul comportamento degli individui in tema di alimentazione individuale, quando ci si trova di fronte ad un piatto nuovo è significativo...Penso che un comportamento molto diffuso sia quello di mangiare con la mente e non con le esigenze biochimiche e fisiologiche richieste dal corpo; come dire che si comincia a mangiare con gli occhi, poi con l'avidità della mente e quasi mai col corpo.

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    1. La società in cui viviamo vede le persone soprattutto come consumatori, crea delle esigenze e spinge in ogni modo a tentare di soddisfarle. Questo atteggiamento tende a staccare le persone da quelle che sono le vere esigenze, si perde l'abitudine ad ascoltarsi per seguire quento viene proposto in maniera martellante. Tutto questo vale per il cibo, per i beni di consumo ed anche per le medicine, si delegano a qualcuno o qualcosa le proprie scelte. Nella visione Taoista è una situazione legata allo Stomaco, quindi all'elemento Terra, che rappresenta fortemente il Centro, la Centratura, è una condizione fondamentalemnte destabilizzante che allontana le persone dal proprio Centro, dalla vera Ragione. La soluzione, come sempre, è la Consapevolezza.

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  3. Molto bella la metafora della tavola imbandita.
    Credo che per svolgere qualunque disciplina sportiva ( ancor di più per quelle orientali ) sia necessario provare per la stessa un forte interesse perchè, di solito, quando si è spinti da semplice curiosità, si finisce con lo stancarsi in fretta...a meno che non scocchi un vero e proprio colpo di fulmine!
    Ho assistito a diverse lezioni di Tai Chi e, per quanto le trovassi affascinanti, non hanno mai scatenato in me il desiderio di praticarlo, sono rimasto ad asservare la tavola imbandita. Un passione, però, l'ho sempre avuta per lo yoga dove, da anni, usufruisco di pietanze che incontrano sempre al meglio le mie preferenze!! :-)
    Un saluto.

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    1. Quando nel Taoismo si parla di percorrere la Via, ci si riferisce proprio a questo, non bisogna rifiutare a priori un'eperienza, ma non è detto che qualsiasi esperienza sia adatta a noi.
      Ognuno ha una propria Via, diversa dalle altre e fondamentalmente molto personale, quando si arriva a "sentire" questa cosa pià che a ricercarla con la mente, si capisce che la direzione è quella giusta. Tai chi, yoga, sono dei mezzi che ci permettono di compiere un percorso, non c'è meglio o peggio, c'è solo un mezzo più adatto di un altro, l'importante è sempre essere consapevoli che queste discipline sono il mezzo, ma l'obbiettivo, il punto di arrivo siamo noi.

      A presto

      Paolo

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  4. La metafora calza parzialmente, a mio avviso si è trascurato il "cuoco". Il cibo si apprezza con dei sensi che ci appartengono dalla nascita e che anche per istinto ci guidano e ci indirizzano. Nelle arti marziali, che ho visto poco, ma praticato molto (monogamente Shorinji Kempo), il "cuoco" è stato fondamentale e non ho mai sentito l'esigenza di spiluccare qua e là come tanti miei amici.Un caro saluto con i complimenti per lo stile con cui tratti argomenti così particolari e profondi.

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    1. Ti ringrazio molto per l'apprezzamento.
      Rimanendo nella metafora, quello che cerco di fare è di imbandire la mia personale tavola cercando di capire qualcosa della ricetta. L'unico modo rimane quello di trasportare nella vita di tutti i giorni i concetti che avviciniamo durante la pratica.

      Per quanto riguarda il "cuoco", dipende dalla nostra interpretazione della metafora, cioè chi sia veramente in possesso della ricetta. Dal mio punto di vista non c'è differenza fra insegnante/maestro ed allievo, stiamo facendo tutti un percorso di vita che ci consente di assumere, in tempi differenti, entrambi i ruoli. Il maestro/insegnante, secondo me, non è il cuoco, al limite potrebbe essere la persona che, in un dato momento, apparecchia la tavola e mostra i piatti agli ospiti. Il cuoco è chi conosce veramente la ricetta, il Creatore del Grande Gioco che è la Vita, che può avere il nome che ognuno di noi preferisce dargli, la ricetta non è svelata, e credo che il senso profondo sia proprio questo.

      A presto

      Paolo

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    2. Ciao... è molto bello quello che hai scritto in quest'ultimo post in risposta a Roscio! Ti ho scoperto per caso nella rete e ho passato gran parte della mia serata a leggere il tuo blog e a pensare, volevo ringraziarti per la bella compagnia. Metaforicamente e realmente mi piacciono molto le tavole imbandite, sono curiosa della gente, di usi e costumi, sapori e odori diversi da quelli che mi sono abituali, a volte qualche titubanza... ma è l'attesa che poi rende speciale la scoperta; questo per quanto riguarda la cucina e la vita spicciola, peccato che nelle esperienze importanti di vita io sia invece piuttosto una che resta in disparte a guardare gli altri che mangiano, continuo a ripetermi che potrei mangiare questo o quest'altro, ma finisco sempre per restare a digiuno, immobile di fronte alla scelta del piatto, continuando a nutrirmi di possibilità future che non diventano mai il presente, quindi solo sterili congetture, illusioni... a discapito del nutrimento da apportare al Cielo Posteriore di cui hai molto bene detto all'inizio. Mah... di certo non è colpa del cuoco! :)

      Un caro saluto
      Nicoletta

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    3. Ciao Nicoletta, è bello pensare che in un dato momento, pensieri ed idee si incontrino e si possano scambiare vedute, si riesca a creare un contatto anche in tempi diversi ed in luoghi magari completamente differenti, è una grande positività della rete e di questo mondo dei blogs che conosco ancora così poco.

      Io credo che il Cuoco sappia perfettamente quello che fa, lui è l’unico che vede l’intero Disegno, un disegno formato da tanti piccoli puntini all’apparenza separati, che però hanno lo scopo di fare parte del tutto come ogni piccolo particolare.
      Credo che ad ognuno di noi venga assegnata una ricetta personale da preparare, ideata solo per noi e differente da quella di qualsiasi altra persona, ma la vera essenza di tutto è che la ricetta non ci è nota, la dobbiamo scoprire solo procedendo nel nostro cammino, la ricetta ed il cammino sono proprio lo scopo per il quale siamo qui, dobbiamo capirli, interpretarli e cercare poi di portarli a termine, per quanto ci sarà possibile.
      L’unico modo per farlo è capirci, diventare consapevoli di noi stessi, accettarci per quello che siamo, ed alla fine cercare di cambiare le cose che riteniamo debbano essere modificate per poter procedere meglio.
      Il percorso è il cambiamento, il percorso è capire il compito che ci ha affidato il Cuoco dandoci la ricetta, il piato finale sarà il più buono che ci possa capitare di assaggiare, siamo noi!

      Quale sarà la tua personale ricetta?

      Ciao e grazie, spero tornerai a trovarci su queste pagine ;)

      Paolo

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